Titolo: Annus mirabilis
Autore: Geraldine Brooks
Pagine:352
Prezzo: 12,90 euro
Editore: Beat
Trama
È una mattina del 1666 a Eyam, un piccolo e isolato villaggio di montagna del Derbyshire, in Inghilterra, e nel grazioso cottage in cui vive, Anna Frith, vedova a diciotto anni con due bambini, dopo aver riempito una brocca d’acqua fresca, raggiunge la stanza di George Viccars, un sarto girovago venuto qualche tempo fa a bussare alla sua porta in cerca d’un alloggio. Anna entra nella stanzetta dal soffitto basso e per poco la brocca d’acqua non le cade di mano. Il volto giovane e bello della sera precedente è scomparso. Gorge Viccars giace con la testa spinta di lato da un bubbone grande quanto un maialino appena nato, un rigonfiamento di carne lucida e pulsante. Così, nelle pagine di questo romanzo, la peste giunge a Eyam, in una mattina del 1666. Inaspettata e innocente eroina, Anna deve affrontare la morte nella sua famiglia, la disintegrazione della sua comunità e il pericolo di un amore illecito. L’Annus Horribilis della peste, però, è destinato a trasformarsi in un Annus Mirabilis, un anno di meraviglie…
Romanzo indimenticabile che svela «la meraviglia del coraggio umano» (Library Journal), Annus Mirabilis è un’avvincente storia d’amore in cui dolore e gioia, perdita e resurrezione si alternano mirabilmente.
Nuovo libro edito dalla Beat da recensire per voi! Ogni
volta è sempre difficile scegliere quale libro leggere e diventa ancora più
complesso per quanto riguarda i beat perché, se da una parte mi attirano tutti,
dall’altra non voglio “consumarli” troppo in fretta.
Annus Mirabilis di Geraldine Brooks era nella mia wl da
parecchio e quindi ho deciso di leggerlo.
I protagonisti della storia sono gli abitanti di un piccolo
villaggio inglese i quali, nel 1666, vengono colpiti dalla peste veicolata da
alcune stoffe preziose provenienti dalla città. Anna è la voce narrante e,
attraverso il suo sguardo semplice ma delicato, racconta ciò che vive in prima
persona tra malati, morti e violenze.
Parto subito dicendo che questo libro non è ciò che mi
aspettavo perché è una vera e propria cronaca, lenta e piuttosto dettagliata,
di un disastro avvenuto in questo piccolo villaggio. Tutto inizia con l’arrivo
di un gentile sarto girovago che prende alloggio presso Anna, una vedova
giovanissima con due figli a carico. Il sarto sembra stare bene finché non
crolla nel suo letto preda di febbri e con degli inquietanti bubboni vicini
alle ghiandole. L’uomo muore in fretta ma la malattia inizia a diffondersi e
Anna, insieme al parroco e a sua moglie iniziano una battaglia contro la morte
che dura un intero anno, tutto il 1666. Per preservare le altre città vicine
dal contagio, il villaggio viene chiuso e i rapporti umani con l’esterno
troncati. La malattia inesorabile che colpisce chiunque, la morte che bussa a
ogni casa e l’isolamento volontario, portano gli abitanti allo stremo delle
forze provocando situazioni critiche e violente. La sopravvivenza è al centro
di ogni pensiero.
La voce narrante, quella di Anna, racconta questa escalation
di sofferenza e solitudine con occhi semplici ma profondi in quanto lei stessa
è colpita dal dolore della perdita.
Non è sicuramente un libro allegro, anzi è piuttosto lugubre
e ansiogeno perché l’efficacia della narrazione porta il lettore a sentire il
peso incombente della malattia e del dolore che può colpire chiunque e in
qualsiasi momento. I rapporti umani e civili si assottigliano sempre di più per
la paura del contagio e ciò pesa notevolmente in un villaggio dove tutti si
conoscono e si aiutano. La carità è rara e gli aiuti sono pochi; tutti devono
cavarsela come possono.
La storia è lenta e a
tratti “ripetitiva”, anche se il finale a sorpresa ravviva un po’ la lettura e
stupisce.
Per questo motivo ho deciso di assegnare al libro tre
stelline e mezzo anche se la lettura è stata lenta e non priva di ostacoli
emotivi.
Lya
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